il terremoto in Cile – ultima recita il 14 ottobre !
A prima vista questo racconto di Kleist del 1806 sembra il soggetto di un melodramma
romantico. L’amore tra due giovani contrastato dalle famiglie, un malinteso delle identità, uno
scambio di bambini ma soprattutto il carattere straordinario degli avvenimenti e il loro esito
straziante, tutto sembra uscito da un libretto d’opera ottocentesco. Ma nelle pieghe della trama
emerge via via una visione dell’uomo e del mondo completamente estranea all’orizzonte ideologico
di quel tempo e, per diverse ragioni, molto vicina al nostro.
Intanto Kleist sceglie il terremoto a Santiago del 1647, colloca cioè la vicenda in una colonia
sudamericana della Spagna, tanto lontana da non essere militarmente coinvolta nella guerra per
la riconquista cattolica dell’Europa che dura da trent’ani, ma abbastanza “spagnola” da giustificare
le furiose manifestazioni di integralismo che squarciano il racconto e sarebbero incomprensibili
in un altro momento storico ma rievocano stranamente agli integralismi religiosi e ideologici che
agitano il Duemila.
Ma a rendere Il terremoto in Cile un racconto che ci riguarda intensamente sono soprattutto
le intuizioni sulla complessità della mente umana e le sue contraddizioni: l’ambivalenza del
desiderio che scardina e confonde l’ordine morale e sociale (i due giovani amanti trattati come
mostri che sono all’improvviso perdonati e riaccolti) e le dinamiche distruttive della famiglia (tre
padri che uccidono o lasciano morire i loro figli). Così, come un nervo teso tra la grande Storia e
la dimensione psichica dei personaggi, il racconto è pervaso da quel’atmosfera apocalittica
collettiva che aspira furiosamente alla salvezza e ci è ormai familiare: quello cui assistiamo nella
storia di Jeronimo Rugera e Josepha Asteron è l’irruzione dell’irrazionale nella società umana,
l’apparizione improvvisa della solidarietà e il fanatismo religioso che promuove la morte. E l’intera
vicenda ha l’andamento incongruente e desiderante di un sogno che diventa incubo, cioè quella
sensazione di irrealtà in cui siamo sempre più abituati a convivere.
Da queste riflessioni è nata l’idea di comporre lo spettacolo attraverso un intreccio ininterrotto
di piani: una voce narrante, che filtra con i gesti e le parole il testo di Kleist, e una voce che canta
insieme a una serie di azioni performative musicali. L’intenzione è creare un’ambientazione sonora
che realizzi il carattere duplice dei personaggi e ne restituisca la dimensione onirica e irrazionale
traducendola in atmosfere elettroacustiche fatte di ritmi e suoni minimalisti e ipnotici: per figurare
così il persistente attraversamento del confine tra realtà e sogno.
Patrizia Zappa Mulas